Il mindfulyoga nasce dall’incontro della tradizione meditativa della vipassana, e del suo “nome” moderno di mindfulness con la tradizione classica e tantrica dell’hata yoga. Da questo incontro scaturisce una pratica articolata gentile che privilegia la dimensione dell’essere su quella del fare. Si mette l’accento sull’essere pienamente presenti a quello che sta accadendo, sull’essere in contatto con l’esperienza piuttosto che sul cercare di modificare o trasformare quello che stiamo vivendo. Le pratiche servono tutte a risvegliare questo tipo di attenzione aperta, priva di giudizio e di interferenze concettuali. Corpo respiro e mente convergono tutte verso il momento presente, il luogo in cui siamo e l’unico in cui stiamo davvero vivendo. La consapevolezza del respiro viene sperimentata sia nelle asana statiche, nei momenti di entrata e uscita, sia nelle fasi di passaggio tra una posizione e l’altra, spesso vissute come semplici transizioni per arrivare verso un “altrove”, che difficilmente si presentizza e si ripropone costantemente come un qualcosa da raggiungere nel successivo momento. Nel mindful yoga anche i momenti di transizione tra un asana e l’altra, tra una pratica e l’altra, anzichè configurarsi come momenti di sospensione della consapevolezza, pause dall’esserci, diventano occasioni per il suo attivarsi. La posizione seduta classica, costantemente praticata, si rivela gradualmente essere solo apparentemente quella che privilegia un atteggiamento meditativo propriamente detto. L’apertura alle sensazioni del corpo, accessibile ad ogni momento, viene costantemente richiamata, grazie al suo potenziale di farci uscire dal mentale e dunque anche dalla temporalità. Ci sono molte pause di semplice ascolto, di ricettività. Questa pratica risveglia il nostro potenziale di vivere più pienamente e in modo aperto qualunque esperienza della vita assaporandola totalmente, il corpo stesso tende ad incarnare questa disponibilità, i sensi si risvegliano e la vita ci appare nuova ad ogni istante. Questa attitudine di accoglienza, di contatto si rivolge soprattutto verso noi stessi, generando quel clima basilare di autoaccettazione che rende possibile il cambiamento. Si impara ad arrendersi e a fluire con le cose così come sono.